sabato 5 dicembre 2009

Corso di Falconeria

Il giorno sabato 30 e domenica 31 gennaio 2010, nelle Marche, si terrà un corso di avvicinamento alla falconeria presso il centro recupero selvatici "Il Nido di Faramir"; il corso è aperto a tutti e con l'occasione si avrà modo di visionare l'attività di recupero del centro, rivolta sia a selvatici reintroducibili in natura, sia alla migliore detenzione possibile di chi, invece, non è più in grado di condurre una vita autonoma.

Per informazioni e/o prenotazioni contattare Alessandro tramite pm, mail (nazar129@gmail.com) o cell 3392850794.
Le iscrizioni chiudono tassativamente due settimana prima dell'evento.


Il Nido Di Faramir

CORSO DI AVVICINAMENTO ALLA FALCONERIA

Il corso è presupposto necessario per frequentare poi il Corso Base di Falconeria, in quanto fornisce le prime informazioni necessarie non solo alla detenzione corretta di un rapace, ma anche ad un approccio corretto al suo primo addestramento, la fase forse più delicata e importante.

PROGRAMMA

Sabato 30

Cenni di storia (Le origini-la falconeria moderna)
Tipologie (Alto e basso volo)
Vita sociale
Periodi sensibili
Imprinting (Modalità, tipologie e influenza sulla vita sociale e sull'addestramento)
Comunicazione intraspecifica


Domenica 31

Comunicazione extraspecifica
Livelli emotivi (arousal) e influenze nell'addestramento e nella relazione
Fitness (Peso di volo)
Ammansimento

Ogni giornata comprenderà delle lezioni teoriche seguite dalla pratica con diversi tipi di rapaci, che verranno fatti volare a fine giornata, in modo da sottolineare le differenze e le caratteristiche di ognuno di loro, specifiche e soggettive.

COSTO: Il costo è di 150 euro per entrambe le giornate ed include il pranzo e la cena di sabato, il pranzo di domenica, le pause caffè di sabato e domenica e il materiale didattico. Siete pregati di contattarci con abbondante anticipo per il pernottamento, specie se accompagnati da animali.

PARTECIPANTI: Avrà luogo con un minimo di 4 partecipanti ed un massimo di 8.

domenica 22 novembre 2009

Falco di harris-parte I

Ho deciso di fare questo post per cercare per quanto mi è possibile di togliere dei dubbi (qual’ora ce ne fossero) sull’addestramento e la gestione dell’harris e anche per spiegare perche secondo me questo rapace non è indicato per iniziare a fare FALCONERIA.

Quando iniziai ad addestrare rapaci, lo feci come la maggior parte di chi iniziava in quel periodo: con falchi non proprio di allevamento, dico questo perche in quei tempi trovare chi ti vendeva un falco non era cosa facile, il primo falco che ho trovato, era un lanario e mi chiesero 6 milioni, naturalmente non lo comprai.

Poi vidi il primo harris, credo che lo portò Brusa non ricordo bene e la prima cosa che mi venne in mente fù: mamma mia che brutto animale……
Dissero “è a metà tra un astore e una coda rossa”, come dire che ho una macchina che è tra la 500 e la ferrari, in pratica se ci si pensa bene quasi tutte le auto sono tra queste 2, allora pensai “che vuol dire, mi sembra un po generica come spiegazione, infatti cosi è, l’harris non ha nulla a che fare ne con la CR, ne tantomeno con l’astore, però la maggior parte di chi l’addestra dice che per la caccia non è molto adatto perche è lento e cose del genere.
Però a me piace guardare gli animali in natura, perché io è da li che vengo, cioè studiare l’etologia degli animali nel loro ambiente naturale e per fare qualche esempio riporto le loro “capacità venatorie” in natura usando insieme all’harris 2 tra i più falchi usati in falconeria:
Falco pellegrino, raggiunge e supera i 350 km orari in picchiata e nonostante questo cattura la sua più ambita preda (colombo selvatico) una volta su 10, quindi ha il 10% di riuscita
Astore, ragiunge anche i 160 km orari in appena 7/8 metri, 3,5 volte su 10 cattura
Harris, 9,3 catture su 10.
Allora qual è il più bravo? Logicamente non si può fare un paragone tra i diversi rapaci, comunque non è un animale che sta a guardare.

Ma ora veniamo al suo modo di cacciare:
L’harris come tutti sapete, caccia in gruppo, anzi, vive in branco. E ogni esemplare nasce con un ruolo di caccia, i ruoli principali sono 3: scovatore(quello che fa il cane e fa uscire le prede dalla rimessa), l’inseguitore( di solito i maschi più piccoli e veloci) e gli abbattitori( le femmine che arrivano a preda afferrata e che uccidono).Naturalmente in natura cacciano assieme anche diverse decine di individui, quindi i ruoli si intercambiano a necessita(in pratica come se un terzino si trova davanti la porta). Detto questo però può succedere che un individuo lascia il branco per diversi motivi e magari è lo scovatore, all’evanienza tutti diventano cacciatori a 360° ma, lo scovatore avra più difficolta ad inseguire, l’inseguitore ad uccidere e/o fermare da solo, e le femmine cosi grandi a raggiungere le prede più scaltre.
Ora, l’errore che abbiamo fatto più o meno tutti addestrando un harris è quello di fare come se avessimo un astore o un pellegrino, ma una cosa importantissima c’è sfuggita, cioè che lui a differenza di TUTTI GLI ALTRI RAPACI fa vita sociale, quindi comunica con il suo gruppo.
In pratica la falconeria classica dice che il falco deve volare togliendo il 10% del suo peso di muta, e qui un altro piccolo problema, e cioè che il peso di muta non è il suo peso massimo che può raggiungere un falco d’inverno, es: un pellegrino maschio che a metà mutae quindi a luglio pesa 600 gr, se lo proviamo ad ingrassare d’inverno a gennaio vedremo che il suo peso può raggiungere e superare gli 800.
Torniamo all’harris, le femmine sono le capo branco (in falconeria, volando in cast può succedere che maschi adulti risultino capi in presenza di femmine giovani, a maturità raggiunta si ristabiliscono i ruoli)e, sempre loro con un preciso comando inducono TUTTO il gruppo di caccia ad iniziare una battuta, tutto significa che parteciperà anche quell’individuo che magari ha il gozzo pieno.
Questo fa anche riflettere sul fatto che una volta trovato filing, il peso per questo animale è abbastanza irrilevante, abbastanza………..
Ho volato e studiato fino a 7 harris volare e cacciare e, anche con una preda piccola (cardellino) tutti mangiano la loro se pur piccolissima parte, naturalmente le femmina per prima, poi gli scovatori(cani) in fine gli inseguitori.
Una volta che il cast ha un buon feeling, tutti si mettono “ai loro posti di combattimento” e posso garantire che poco o niente sfugge a questi animali.
In conclusione ( per chi ha avuto voglia di leggere fino a qui) l’harris è il rapace in assoluto più complesso e noi continuiamo a trattarlo alla stregua di un altro accipitrino comunemente usato da noi falconieri, con il risultato che nella maggior parte delle volte avremo un rapace più simile ad un pappagallo che allo spietato cacciatore quale è.
L’harris va volato mlto sopra il suo peso di muta (Max, maschio di 4 anni, peso di muta 730, peso di volo 920). Certo ci vuole tempo e costanza a fare un buon harris, ma proprio la sua “intelligenza” legata alla sua vita sociale molto complessa, fa si che si ricordi tutti gli errori che faciamo e li giri a suo comodo, prendendosi gioco della maggior parte dei falconieri a cui ho visto volare harris, di solito in solitaria, perche se abbiamo acquistato un esemplare con il ruolo di cane, sarà lento, se abbiamo un inseguitore, volato solo risulterà più pauroso davanti alla preda e cosi via.

Quello che ho scritto è solo la mia esperienza con questi animali e nessuno ha la verità assoluta, ma dico e continuerò a dire che l’harris NON VA BENE PER INIZIARE a fare falconeria, poi come dico sempre e lo ripeto anche adesso, ognuno fa e vola ciò che vuole, però se inizia con l’harris, una volta che cambia deve iniziare da capo.

Attrezzattura per falconeria


Nei corsi di avvicinamento alla falconeria ci si dilunga sempre sulle attrezzature. Radio, geti, costruzione di geti in aula...ma il difficile è metterli, non saperli fare!
E' come se, prima dell'acquisto/adozione di un cane, leggessi di tutto sui guinzagli, ne comprassi di vari tipi e colori e materiali. Che ne so di quale sarà quello con cui mi trovo meglio e perchè? E che taglia avrà l'animale? E che caratteristiche fisiche avrà che mi impediscono l'uso di uno o dell'altro?
Certo, è il caso di capire che avremo delle spese, e di una certa entità, come per qualsiasi animale.
Ma finchè non avrò pratica, non mi conviene nemmeno tentare di armare da solo un rapace, nè tanto meno di acquistare un cappuccio.
Il cappuccio poi suscita varie reazioni tra i neofiti o gli spettatori.
C'è chi lo considera indispensabile anche per un harris, chi inorridisce a vedere i falconi incappucciati, chi ancora non abitua per niente il falco a portarlo.
L'ironico è che chi, spesso, da oltre le transenne di una manifestazione, sbotta in un: "Poverino, con quella roba in testa...", ha poi il cane col collare a strozzo al seguito, oppure, come ad una recente esposizione, ha il cane con la cuffietta in testa per non fargli scompigliare il pelo delle orecchie. Allora forse è solo perchè vediamo qualcosa a cui non siamo abituati, mentre le piccole o grandi angherie quotidiane non ci fanno balenare nessun "poverino" in testa.
Poi si passa agli estremi. Il cappuccio può servire, quindi, perchè non essere pronti? Magari il mio harris non lo metterà mai, ma se ci fosse da fargli un prelievo?
Si torna all'abitudine. Perchè è meglio se un cane è abituato alla museruola, anche se non la uso mai? Magari quel giorno che ho forato e mi tocca tornare a casa in autobus o in treno, non lo vive come una tortura ma come una prassi, esattamente come a noi infastidiscono ombrello e stivali ma ci tengono all'asciutto.
Sui geti poi ci sarebbe da scrivere un libro. Per non parlare dei guanti, da quelli d'importazione che si scuciono a guardarli, a quelli da parata (ma magari rigidi come il cartone perchè tenuti, appunto, per le grandi occasioni). Lunghi, corti, leggeri...chi vuole sentirsi ben protetto -e magari ne ha pure tutti i motivi- e chi invece detesta sentirsi le mani impacciate.
C'è sempre chi cerca di dettare legge, il "falconiere esperto" (in Italia si contano sulle dita della mano di E.T., quelli veri) che sentenzia cosa si usa e cosa no.
L'unica regola forse valida?
Provare, provare, provare.
Come sempre, anche in queste cose che possono sembrare meramente estetiche, c'è in realtà dietro la pratica di anni. Ognuno di noi ci mette tempo a capire con cosa si trova meglio e perchè, e l'unica cosa che può fare è passare un'esperienza personale.
Poi ognuno dovrà fare la propria.
Anche in questo consiste l'imparare a destreggiaersi in quest'arte...

mercoledì 12 agosto 2009

Posso toccarti?


Credo che nessuno di noi si presenterebbe con questa frase ad un'altra persona.
Allora, perchè esordiamo sempre così quando ci troviamo davanti ad un animale?
Anzi, spesso nemmeno si chiede, e ci si ritrova con una mano che cala inesorabile sulla testa del cane allibito, o con il passante che arruffa ben bene le penne al gufo (e perchè no, anche all'aquila o chissà che farebbe con un leone...) e con il prendere proprio in braccio animali più piccoli.
Ma lo faremmo con una persona?
O meglio, perchè abbiamo così terribilmente bisogno di toccare per conoscere? Forse perchè non abbiamo altro modo di conoscere qualcosa di diverso?
In teoria questa è una modalità tipica dei bambini, e invece la si ritrova sempre di più negli adulti, quasi avessero bloccato la crescita delle loro modalità conoscitive, mentre i bambini, assolutamente privi di qualsiasi contatto con il mondo animale, sono quasi terrorizzati anche solo dall'avvicinarsi. Allora interviene l'adulto di turno, che inizia a spiegare -per lo più inventando di sana pianta- che animale è, che abitudini ha e come palpeggiarlo ben bene.
Ma un momento, se il contatto è così auspicabile e positivo, perchè poi buona parte dei cani, appena arriva un bimbo in casa o anche fin da subito, viene chiuso fuori in giardino perchè è "sporco"? Allora dove sta il nesso?
Toccare o non toccare?
Penso che siamo davvero in una fase contraddittoria e di transizione, in cui non c'è nè la cultura "contadina", in cui di certo un cane, gtto o pollo non era per nulla qualcosa di interessante e anzi, se sconosciuto andava lasciato per i cavoli suoi; ma non c'è nemmeno una cultura paritaria, in cui al bambino e futuro adulto venga insegnato come ci si presenta ad un altro, sia esso cane, gatto o persona e tutte le interazioni interessanti oltre a contatto che possono poi esserci.
Prima di tutto direi che si sta lontani dagli estranei, di ogni specie. E poi ci si presenta, sempre se l'altro ha voglia di interagire con noi. Penso che il contatto fisico sia la cosa che arriva più tardi di tutte, e solo se condivisa.
Penso che d'ora in poi, a chi mi chiede se può toccare un animale in mia compagnia, risponderò mettendogli una mano in faccia e tastando i lineamenti ben bene. Chissà se gradirà.

mercoledì 29 luglio 2009

Corsi di falconeria


...o corsi di avvicinamento, che dir si voglia.

Dopo averci pensato su per un bel po', alla fine a settembre partiranno dei corsi di avvicinamento alla falconeria a Venezia e nelle Marche, Ancona/Macerata.

Perchè pensarci tanto? C'è chi lo fa da anni!

Sì, però poi si vedono i frutti di questi corsi, frutti spesso acerbi o a volte troppo maturi.

Però poi le persone alle feste medievali come Offagna o a Bari ti chiedono come iniziare...e allora che gli rispondi? Prima di iniziare ci sarebbero mille miti da sfatare, a partire dal fatto che i gufi non sono paciocchi e i falchi non sono cattivi o aggressivi e soprattutto non "beccano" se disturbati!

Così ho pensato alla fine di buttarmi nel mare, e iniziare prima di tutto a dare delle risposte a queste persone, a dare anche un punto d'appoggio dove si possa fare didattica per le scuole vedendo cos'è un posatoio, un blocco, una pertica ma anche la differenza tra come si vive con un cane, un gatto, un cavallo e come si vive con un rapace: l'impegno è lo stesso, ma le necessità sono diverse. E gli animali domestici più comuni -purtroppo- perdonano i nostri errori e spesso anche le nostre angherie, mentre un falco, al pari di un gato, si gira e se ne va. E se trova "la porta di casa aperta", non torna più.

Poi, chi vorrà continuare, potrà prima di tutto seguire dei falchi già addestrati senza fare danni su un giovane rapace, e quindi sgrezzare se stesso, e poi, se vorrà arrivare all'acquisto di un suo falco, o notturno, o che, potrà essere seguito giorno per giorno, avere un posto sicuro dove andare a volare, imparare continuamente e portare a sua volta la sua esprienza agli altri.

Non resta che rimboccarsi le maniche e cominciare...



mercoledì 17 giugno 2009

Gufo Reale Europeo...


...ma noi lo abbiamo ribattezzato Re Julien, in onore del lemure di Madagascar che ballava di continuo.

In effetti un piccolo gufo non fa altro che guardare, muovere la testa a destra e a sinistra, poi fermarla, muovere allo stesso modo ritmico il corpo e poi entrambi assieme, e così via in un continuo balletto.

Nei notturni il difficile è proprio il fatto di averli da piccoli e dare un corretto imprinting. Ma non solo: imprinting è una finestra sul mondo, quindi un bagglio di conoscenze e di esperienze, suoni, fatti, situazioni che l'animale poi considererà assodati e non preoccupanti quando sarà adulto. Poi però ci sono altri "piccoli" particolari. Come gestire queste situazioni, com'è il carattere del soggetto che abbiamo davanti, come reagisce a questi stimoli nuovi e se li sta registrando come dati di fatto o come potenziali pericoli di cui ricordarsi poi. E da cui difendersi...sbattendo il becco e gonfiandosi da piccolo, o in modo più incisivo da grande.

La parte dell'addestramento di un notturno è forse la meno difficile, anche se può essere la più lenta e a volte noiosa: per i tempi di reazione a volte eterni, per l'appredimento che non può essere basato sulla fame -e per molti falconieri forse sarebbe un'esperienza da provare davvero...- e per la difficoltà a mantenere la loro attenzione su di noi nonostante i mille rumori e il fatto che si "lavora" di giorno.


Devo dire che i notturni per ora sono un po' in un limbo, nonostante tutte le problematiche di cui sopra: i falconieri non li considerano vera falconeria, mentre le nuove leve si avvicinano alla falconeria proprio partendo dai notturni, che invece necessitano di un'esperienza molto ampia e molto specifica.

Prima o poi si arriverà ad una giusta via di mezzo...spero senza ripopolare i nostri boschi di gufi, civette e barbagianni imprintati e con scarse -anzi, nulle- possibilità di sopravvivenza.

(Nella foto il mio precedente gufo, Bubi...forse l'unico in Italia a volare nelle piazze e venire al pugno di chiunque)

venerdì 22 maggio 2009

Leggenda


Una mattina, Gengis Khan e la sua corte partirono per una battuta di caccia. Il condottiero portò con sè i suo falco preferito al posto di arco e frecce. Lo lasciò libero a volare sopra di lui e si incamminarono.

Dopo ore di marcia, però, non avevano anora scorto nessuna preda, coì la corte, delusa, iniziò a prendere la strada del ritorno.

Gengis Khan, invece, si separò da gruppo, non volendo darsi per vinto.

Dopo altre ore che vagava, era assetato, così si fermò a prendere l'acqua che vedeva sgorgare da una roccia, appena un filo. Tirò furi il suo calice, lo avvicinò all'acqua, ma non appena provò a bere, il falco scese subito in picchiata e rovesciò il contenitore a terra. Poi tornò a volare in alto.

Lo riempì una seconda volta, ma il falco lo gettò di nuovo al suolo.

Così, la terza volta, non appena il falco fece per rovesciarlo ancora, Gengis Khan lo trafisse con la sua spada.

Intanto il filo d'acqua si era prosciugato, così il condottiero dovette arrampicarsi su, fino alla sorgente, la trovò, e dentro vi era un serpente morto, uno dei più velenosi della zona. Se avesse bevuto, sarebbe morto di certo.

Quando tornò al villaggio, con il falco morto, ordinò una scultura in oro dell'animale, e su una delle ali scrisse: " Anche quando un amico fa qualcosa che non ti piace, continua ad essergli amico", e sull'altra: " Qualsiasi azione dettata dalla furia, è un'azione votata al fallimento".


Leggenda trovata sul libro "Sono come il fiume che scorre", di Coelho

martedì 12 maggio 2009

Muta sì, muta no...


Come ogni primavera sbocciano le gemme, i fiori, gli amori...e i post sulla muta dei rapaci.
Muta in volo, o muta al blocco o in falconiera? Annosa questione...
I sostenitori della muta "da fermi "dicono che sia migliore dal punto di vista estetico, che così l'animale sarà più efficiente una volta rimesso in volo a settembre, e che così ha modo di essere "ingrassato", mentre poi sarà tirato per volare e quindi sopporterà un maggiore stress, e che è impossibile volare alcuni animali d'estate a causa del loro carattere.
E qui le domande sorgono spontanee. Un falco va "tirato" per essere volato? Cosa si intende per tirato? Un peso tale che fa sì che il falco dica: "Mh, mi sa che è ora che mi muova prima di andae in riserva di energia e che mi procacci qualcosa da mangiare", oppure un "Vi prego, datemi da mangiare, sarei disposto a fare qualsiasi cosa per un pezzo di cibo!"?.
Questa è una prima domanda, che fa sorgere dei dubbi sulle conoscenze base del metabolismo di qualsiasi essere vivente. Gli sbalzi di peso sono controindicati in qualsiasi specie, comportano uno stress notevole per il fisico e creano spesso dei danni a livello metabolico o di carenza di nutrienti, che non sono per niente positivi. Magari un falco magro potrà essere più reattivo, a meno che non si sconfini troppo. Ma il punto chiave è che non c'è bisogno nemmeno di "tirare", il peso di volo non è essere affamati. Qesto sarebbe un concetto fondamentale.
E se si lavora con un peso-fame, di certo in estate non si riuscirà a volare,e giocoforza si dovrà -non si deciderà liberamente- fare la muta al blocco.
Poi si passa al lato estetico. Premettiamo che non esistono best in show per falchi, ma che l'estetica è pura e semplice funzionalità. Quindi pensiamo che una bella muta sia una muta con delle belle penne nuove e sane. Ok...un falco fermo, con quindi un metabolismo che inizia a calare fino a diventare minimo, non avrà di certo modo di attivarsi e produrre le nuove penne con la velocità e la modalità di un metabolismo attivo. Eppure anche questo è un discorso da basi di biologia, anzi, qui siamo proprio a quello che ci insegnavano alle elementari sul funzionamento basilare di sopravvivenza degli organismi, o al massimo a quello che possiamo leggere in un qualsiasi giornale divulgativo che abbia un qualunque articolo sulle diete o sull'alimentazione.
L'impossibilità o meno di volare alcuni rapaci d'estate, poi, non potrà forse mai essere sfatata. Intanto perchè chi non ci riesce, passa subito a trovare mille difetti congeniti al suo proprio animale, in modo da dire che con uno si può e con l'altro no; e inoltre anche se si dimostrasse il contrario, si tornerebbe sempre al discorso di cui sopra: il difetto non è mai nel manico.
Se poi si vuole far fare la muta in falconiera o al blocco perchè d'estate non si ha tempo, per fare noi un po' di stop, per tanti altri moivi, allora va bene. Ma sarebbe bello non fosse per convinzioni arcaiche, per non voler tentare, per preconcetti...o solo per non voler dire che non si è capaci o che non si ha voglia di provare!