venerdì 22 maggio 2009

Leggenda


Una mattina, Gengis Khan e la sua corte partirono per una battuta di caccia. Il condottiero portò con sè i suo falco preferito al posto di arco e frecce. Lo lasciò libero a volare sopra di lui e si incamminarono.

Dopo ore di marcia, però, non avevano anora scorto nessuna preda, coì la corte, delusa, iniziò a prendere la strada del ritorno.

Gengis Khan, invece, si separò da gruppo, non volendo darsi per vinto.

Dopo altre ore che vagava, era assetato, così si fermò a prendere l'acqua che vedeva sgorgare da una roccia, appena un filo. Tirò furi il suo calice, lo avvicinò all'acqua, ma non appena provò a bere, il falco scese subito in picchiata e rovesciò il contenitore a terra. Poi tornò a volare in alto.

Lo riempì una seconda volta, ma il falco lo gettò di nuovo al suolo.

Così, la terza volta, non appena il falco fece per rovesciarlo ancora, Gengis Khan lo trafisse con la sua spada.

Intanto il filo d'acqua si era prosciugato, così il condottiero dovette arrampicarsi su, fino alla sorgente, la trovò, e dentro vi era un serpente morto, uno dei più velenosi della zona. Se avesse bevuto, sarebbe morto di certo.

Quando tornò al villaggio, con il falco morto, ordinò una scultura in oro dell'animale, e su una delle ali scrisse: " Anche quando un amico fa qualcosa che non ti piace, continua ad essergli amico", e sull'altra: " Qualsiasi azione dettata dalla furia, è un'azione votata al fallimento".


Leggenda trovata sul libro "Sono come il fiume che scorre", di Coelho

Nessun commento: